Se dovessimo elencare una qualità tipica della Pietra di Prun, detta anche pietra della Lessinia, questa sarebbe senza dubbio il fascino.
Caratterizzata da sfumature colorate che variano in base alla profondità di estrazione, ammalia lo sguardo e la fantasia con una caratteristica unica nel suo genere. Questa pietra calcarea infatti fa parte della categoria delle fossilifere ovvero pietre che contengono resti di piante e animali fossilizzati, testimonianza inconfutabile della presenza di un antico fondale marino.
Questa roccia così versatile è tipica della Lessinia, una zona situata nella provincia di Verona e, più precisamente, sopra la celebre Valpolicella. Ed è proprio qui, nelle Prealpi Venete, che 70 milioni di anni fa si è formata la Pietra di Prun, caratterizzata da 72 strati di roccia sedimentaria duttile e facile da cavare.
Pare infatti che i primi abitanti di queste zone fossero riusciti in qualche modo a estrarla per costruire le prime rudimentali abitazioni. In molti villaggi protostorici sono stati rinvenuti pavimentazioni, scale e tetti realizzati proprio con questa pietra. Una piccola curiosità: questa roccia, così forte e compatta, venne impiegata anche per costruire fortificazioni e muri di difesa invalicabili.
Durante l’Impero vennero intensificate le attività estrattive: la roccia fu esportata ovunque e utilizzata per costruire opere memorabili come l’Arena di Verona.
Questo periodo così florido subisce una battuta d’arresto in età medievale, quando l’utilizzo torna a essere semplicemente locale seppur con le dovute eccezioni come, ad esempio, la realizzazione del celebre Battistero di Parma.
La fama oltre i confini provinciali ha di nuovo inizio nel momento in cui Venezia diventa una delle realtà più importanti del nostro Paese. A cavallo tra il 1400 e il 1500, il gusto e la raffinatezza dell’architettura veronese si diffondono a macchia d’olio e con essi anche l’utilizzo della Pietra di Prun, diventata ormai il simbolo della città.
Eppure, nonostante l’apparente diffusione, questa pietra ha sempre dovuto fare i conti con le notevoli difficoltà di accesso alle cave.
Le più famose sono senza dubbio quella di Prun, una piccola frazione situata nella zona settentrionale del comune di Negrar.
Disposte lungo il versante orientale del monte Robiano, queste cave pare esistessero già nel XIII secolo, quando l’escavazione iniziava con l’apertura di gallerie sui fianchi del rilievo montuoso.
Per aprire il fronte roccioso e asportare i loè, i primi strati leggeri e malleabili, gli operai agivano manualmente per poi servirsi di cunei, punte e mazzuoli per distaccare i vari strati.
L’escavazione delle cave di Prun fa parte del tessuto storico della Valpolicella. Le prime pietre estratte venivano inviate alla cantina del Monastero di San Zeno per essere lavorate e rifinite dai frati.
Nel 1700 inizia l’utilizzo intensivo e queste cave regalano un mood unico al paesaggio circostante, grazie anche al lastame utilizzato per realizzare il tetto delle gallerie naturali che si formavano con il procedere dell’escavazione.
Con il tempo, l’estrazione si sposta a Sant’Anna d’Alfaedo dove le cave a cielo aperto ospitano una qualità eccelsa della pietra della Lessinia. Le cave di Prun vengono quindi abbandonate ma rimangono, ancora oggi, uno dei percorsi più suggestivi e rappresentativi di queste zone.
Conosciamo ancora più da vicino questa affascinante pietra. Oggi sia l’accesso alle cave che l’estrazione sono rese ancora più semplici dall’utilizzo di macchinari e di tecniche all’avanguardia.
Le lastre della pietra sono ricavate direttamente sul luogo dell’estrazione grazie a tagli ortogonali che permettono di realizzare la geometria orizzontale desiderata.
L’estrazione si effettua tramite l’ausilio dei martelli idraulici, perfetti per far leva sugli strati di argilla e per separare la pietra. Attenzione a non sottovalutare l’intervento umano: l’abilità estrattiva deve permette di ricavare dalla cava materiale consistente, privo di rotture e imperfezioni che renderebbero vano l’utilizzo della pietra.
La lastra ricavata, cava e rugosa, deve essere inviata agli impianti di lavorazione per le finiture.
Le principali sono:
Le sue caratteristiche prettamente fisiche e meccaniche non finiscono qui. La pietra di Prun mostra un’adeguata resistenza all’imbibizione, al gelo, alla flessione, all’usura e alla compressione.
In precedenza abbiamo sottolineato il fatto che questa pietra calcarea è costituita da ben 72 strati, ognuno dei quali ha una propria caratteristica, un utilizzo e un’identità singolari che si ritrovano anche nel colore.
Le sfumature cromatiche della pietra della Lessinia vanno dal bianco al rosa, colori che variano in base allo strato di estrazione e alla presenza dei fossili. In linea di massima però, il bianco è considerato abbastanza raro mentre il rosa si attesta come il colore predominante in quanto è presente in ben 60 strati rispetto ai 72 già citati.
La composizione finale è davvero suggestiva: è una pietra suadente e affascinante, mai uguale a se stessa. Le sottili venature e la presenza degli ammoniti le regalano un’anima cangiante, perfetta, come vedremo, per arricchire spazi pubblici e privati.
Per comprendere i vari utilizzi della pietra della Lessinia è necessario fare alcune distinzioni.
La prima riguarda senza dubbio l’aspetto classico della pietra ovvero quello assunto dopo l’estrazione.
La lastra, che in questo caso viene denominata a spacco cava o spacco naturale, è caratterizzata da una forma irregolare e naturalmente ondulata. Immediatamente riconoscibile, la pietra a spacco naturale è stata per secoli la protagonista dell’architettura edilizia della zona, soprattutto in relazione a recinzioni, muretti a secco, tetti e pavimentazioni.
Il fascino dello spacco cava è così forte e attraente che, negli ultimi anni, si sta sperimentando il suo utilizzo nell’interior design. Il risultato è davvero unico: gli interni caratterizzati dalla presenza di questa pietra acquistano delle caratteristiche così singolari da diventare al tempo stesso raffinati e unici.
Come abbiamo avuto già modo di sottolineare, la varietà rosa è quella più comune e quindi anche la più utilizzata.
La sua intensità non è sempre la stessa perché è determinata sia dalla profondità dello strato sia dalla cava di estrazione: a non variare è senza dubbio l’estrema malleabilità. Tale qualità rende la pietra rosa perfetta per realizzare opere artistiche ma anche per decorare e rivestire gli ambienti interni.
Scale, pavimentazioni, finiture di balconi e davanzali assumono un mood caldo e accogliente. La pietra di Prun viene utilizzata anche nelle applicazioni edilizie esterne, soprattutto in coppia con il porfido. La ritroviamo nei bordi piscina, nei battiscopa, nelle pavimentazioni esterne senza dimenticare l’impiego nell’arredo urbano per realizzare fontane, panchine, rivestimenti vari e pavimenti pedonali grazie all’elevata resistenza alla compressione.
E la pietra della Lessinia bianca? Presente soltanto in 12 dei 72 strati, è considerata una rarità. Può essere utilizzata al pari della varietà rosa ma, data la maggiore compattezza, viene impiegata soprattutto per le lavorazioni più difficili.
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